Giancarlo Faloppa - Il Leone di Jesi Una storia che assomiglia ad una leggenda, governata dalla passione, da un briciolo di follia propria solo dei geni, e da fiumi di incredibile talento.
La Superbike, ma in generale tutto il mondo del motociclismo sportivo, deve moltissimo a Giancarlo Falappa, attore protagonista in questa categoria nel periodo fine anni '80-metà anni '90.
Con la sua spettacolare guida unita ad una sana pazzia, questo personaggio poco conosciuto ha riscaldato tanti cuori di appassionati lasciando loro un ricordo indelebile: fin dall'esordio ha incenerito molti avversari blasonati, famosi e soprattutto "ufficiali" con una serie di successi e gare da cardiopalma.
Soprannominato “il Leone di Jesi", pilota eccezionale, imbattibile sul bagnato e in staccata, e uomo di una generosità e umiltà assolutamente non comune, risulta essere ancora il detentore del record di vittorie di un pilota italiano nel mondiale Superbike.
La leggenda narra di un Falappa che inizia a seguire, da dodicenne, le gare di motocross a Cingoli e ad Apiro, quando correvano Ostorero e Cavallero. Comincia a correre nel Motocross nel 1979, contro la volontà della famiglia, su un’artigianale
MotoVilla 125, che non si poteva certo definire competitiva: nonostante ciò vince la prima gara d'esordio a Valconca di Fratte Maggiore (PS).
Nel 1981 passa quindi al Campionato Italiano Cadetti Junior (Boy Cross), in cui si classifica al primo posto assoluto sempre su MotoVilla.
Tra il 1982 e il 1984 corre come pilota ufficiale su una MotoVilla 250 nel Campionato Mondiale: in 6 gare ottiene il miglior piazzamento per un pilota italiano.
Tra gli aneddoti di quel periodo, si può menzionare quello relativo alla competizione mondiale "Coppa Intermarche" a Lovolo. Giancarlo si trova a correre con Orlando e Vicarelli: un incidente con i compagni al via lo porta a rimontare velocemente sulla prima moto che gli capita (quella di Orlando), con il solo fine di inseguire il gruppo di testa, che ormai era a fine pista, con Malherbe su Honda al comando. Al termine del primo giro è ultimo, al secondo ventesimo, al terzo quindicesimo, e conclude la gara al sesto posto.
Nonostante questa impresa Falappa non trovò moto più competitive e, viste l’impossibilità di un supporto da parte della famiglia, decise di smettere col motocross, restando lontano dalle gare nel periodo 1985-1986.
Per scommessa, nell’agosto del 1987 alcuni amici invitarono Giancarlo a Misano per provare una Kawasaki GPZ 600 stradale: dopo un’ora di pista riuscì a realizzare tempi inferiori di soli otto decimi di secondo rispetto a quelli di Petterlini, campione italiano dell’epoca nella categoria 600.
Una settimana dopo, per un milione di lire in contanti e dieci in cambiali, ritirò una Suzuki GSX-R 1100 da un concessionario di Fabriano: all’esordio in pista nell’ultima gara del campionato Sport Production Classe “oltre 600 cc” a Vallelunga (Roma), il 13/09/1987 si piazzò sul primo gradino del podio davanti a Caluzzi e Vitacca.
Nel 1988, sempre con la sua Suzuki GSX-R 1100, Falappa vinse tutte le quattro gare selettive e le due finali della Sport Production, arrivando alla finalissima del circuito del Mugello dove gareggiò con la Bimota YB4 750 ie ufficiale. Se avesse vinto il Campionato, avrebbe avuto il posto nel mondiale Superbike dell'anno seguente e sarebbe stato assunto anche come operaio dalla ditta riminese. Giancarlo cadde nel giro di ricognizione e ruppe la pedana del cambio, ma ciò non gli impedì di condurre la gara e stabilire il record sul giro.
A metà gara, alla esse in discesa, cadde; il suo antagonista, probabilmente per l'emozione di vedere il rivale a terra, cadde a sua volta poco dopo, regalando il titolo e la promozione nel mondiale al Leone.
Quindi l'ex crossista con "ben" sei gare di velocità alle spalle, debuttò nel mondiale del 1989 come pilota ufficiale Bimota-Yamaha e spalla del famoso Fabio Biliotti, ex Campione Europeo e buon pilota della 500. Il 27/03/1989, in Inghilterra, il
marchigiano seguì il compagno di squadra nelle prove libere per carpirne i segreti, essendo questo più esperto del circuito di Donington Park. Alla fine delle prove, Biliotti era ventiquattresimo, mentre Falappa firmò la pole e vinse la gara: in Bimota l’idea del semplice operaio lasciava spazio a quella di pilota.
Successive furono le vittorie a Mosport (Canada, dove si ruppe il polso destro), e Le Castellet (Francia), dove vinse davanti a Roche e a Baldwin.
La leggenda di Falappa iniziò a crescere per merito anche di episodi al limite dell’incredibile, come la vittoria sullo stesso compagno di squadra Baldwin in Francia: nel lunghissimo rettilineo di partenza i due centauri si scontrarono ripetutamente ad una velocità superiore a 290 km/h, come solo in SBK è concesso fare. Fu proprio una botta più violenta delle altre sul rettilineo del Mistral a convincere l’americano a desistere, lanciando Falappa verso la vittoria, ottenuta senza il semimanubrio sinistro in titanio, spezzato nei numerosi urti. Il Leone finì la gara con la mano sulla forcella, ed è qui che la storia si tinge di leggenda: Massimo “Bracco” Bracconi e Bruno “Leo” Leoni, suoi meccanici dell’epoca (poi in Ducati), furono costretti ad intervenire sulla moto prima del parco chiuso, per evitare la squalifica.
La prima volta negli Stati Uniti fu a Brainerd nel 1989 sempre alla guida di una Bimota-Yamaha: nonostante non fosse realmente in gara quel weekend la sua presenza fu la principale chiacchiera nel paddock e motivo di interesse a causa del suo passato da crossista. Per prendere confidenza con il percorso, in cui non aveva mai girato, sembrava tirare le curve a 20 Km/h in più della soglia di saggezza e di integrità, mentre i suoi compagni lo consideravano ancora prudente ed in imbarazzo con quella pista mai percorsa.
Subito dopo una derapata in cambio di direzione, all’uscita dell’attuale curva nove, Giancarlo si mise in piedi sulle pedane della moto impennata per bilanciare l’assetto proprio in prossimità del passaggio pedonale rialzato, raschiando in piena velocità la parte superiore del casco contro la base del ponte in cemento. Fu per il pubblico qualcosa di mai visto in precedenza.
Nonostante la sua guida era di livello superiore, il suo comportamento al paddock risultava informale, come potè confermare l’allora compagno di squadra Mike Baldwin: continuava a sfumacchiare con la tuta addosso, comunicando (Falappa non parla inglese) con ogni giovane donna del luogo.
Riguardo al suo inglese ha dichiarato in un’intervista: “ Tieni presente una cosa, alla mia prima gara di Campionato Mondiale SBK il 27/03/89 a Donington non sapevo una parola d'inglese.
Quando tornavo a casa lavoravo in Bimota, non avevo tempo per andare a scuola.
L’ho imparato girando il mondo per le corse! Dopo l’incidente a Zeltweg volevo tornare a correre per vincere: pensi che avessi tempo per migliorare il mio inglese? Poi, nonostante avessi preso un po’ di confidenza con la lingua straniera, l’incidente nel 1994 mi ha disastrato il nervo della parola (mi hanno intubato quand'ero in coma): trauma occipitale e gravi difficoltà con la memoria per tutto ciò che non riguarda le corse in moto e Ducati. Ricordo soltanto ciò a cui tengo veramente! ”.
Nel febbraio 1989, Giancarlo lavora e correva per la Bimota: l’ingegner Federico Martini porta il Leone nella pista collaudi Fiat a Marene (anello ovale nella provincia piemontese di Cuneo) per misurare la velocità massima nella nuova YB-6. La
velocità registrata sarebbe stata poi utilizzata per l’omologazione e come dato tecnico per le brochure: per prendere maggiore velocità Falappa si accucciò dietro al capolino, e per sfruttare tutta l’aerodinamica ebbe la “ fantastica idea ” di guardare lungo la forcella anteriore la linea bianca di mezzaria del nastro d’asfalto, che utilizzerà come punto di riferimento. A 278 km/h si accorse però che poco prima della fotocellula dell’arrivo la riga era assente, ma nonostante ciò non si rialzò e finì appena fuori dall’asfalto in una strada di erba in cui piegò il cerchio anteriore e proseguì per circa due km in derapate varie. Riuscì comunque a fermarsi in piedi senza conseguenze, e ricevette i complimentidell’ingegner Martini, più preoccupato per il pilota che entusiasta per l’ottimo risultato raggiunto.
Nel 1990, secondo anno di carriera, Falappa passa al Team ufficiale Ducati, alla guida della top-bike 851: inizia così l’ascesa alla classifica e discesa all'interno dei limiti umani della guida, affiancato dal freddo compagno di squadra Raymond Roche, chiaramente innervosito dalla presenza in squadra del marchigiano.
Curioso ed incredibile è il modo con cui Faloppa ottenne l’ingaggio: mentre Marco Lucchinelli, a quel tempo team manager Ducati, viaggiava in autostrada a 180 km/h in direzione della pista di Misano, all’altezza di Ravenna, si vide aprire la portiera destra del furgone da un pazzo in moto, che lo salutò per poi ripartire impennando…
In quel periodo infatti Giancarlo era anche collaudatore per la Bimota, e stava giusto testando la YB6 1000. I due si trovarono poi ad un’area di servizio, e Falappa venne invitato in Ducati: nella sala riunioni lo aspettavano i fratelli Castiglioni e l’ing. Massimo Bordi, per siglare l’accordo per la stagione 1990.
Il legame con il mondo Ducati, con cui Falappa ha vinto il maggior numero di gare, è stretto però da un tragico episodio: il 30/06/1990 a Zeltweg, in Austria, a cinque minuti dalla fine delle prove ufficiali del sabato, con il secondo tempo ma la possibilità della pole, Lucchinelli gli intimò di uscire. In rettilineo a 270 km/h un pilota più lento si accorse della sua presenza ma nonostante ciò all’ingresso di un curvone da 240 km/h iniziò la piega proprio mentre sopraggiungeva il marchigiano.
Per evitare il contatto Giancarlo, pur essendo già inclinato, frenò violentemente: l'anteriore si chiuse ed iniziò la scivolata, in un punto con un metro di asfalto prima del guard-rail. L’incidente gli causò ventisette fratture, la rottura dell’arteria femorale e la perdita di due litri e mezzo di sangue, con conseguenze immaginabili per il cervello: il pilota
cade in coma per dodici giorni. Quel giorno era anche il suo compleanno: i giornali avrebbero potuto scrivere "nato e morto nello stesso giorno".
Dopo 12 giorni di coma, il pericolo di vita è scongiurato e il Leone viene trasferito all'ospedale Rizzoli di Bologna, dove rimarrà per svariati mesi sotto la cura del dottor Massimo Corbascio.
Nel 1991 si rende necessario un trapianto di nervo circonflesso, effettuato in Francia a Marsiglia. Dopo quell'incidente l'allora proprietario Ducati Gianfranco Castiglioni gli disse: “ Sei della Ducati anche il prossimo anno ”.
Il 1991 fu un’annata buia visto l’incidente in Austria: il parere contrario del dottor Curbascio e del dottor Costa e gli evidenti problemi fisici (braccio sinistro che non riesce più ad alzare e gamba sinistra che non riesce a flettere a causa delle tredici fratture al femore e ai vari chiodi e viti impiantati) non fermano Giancarlo, che tornò alle corse più calmo ma più veloce di prima: esorcizzati i pessimi ricordi di Zeltweg
vincendo lì entrambe le gare, continuò la serie positiva piazzandosi sul gradino più alto del podio sia nella gara due in Olanda che nell'ultima gara in Nuova Zelanda.
Da segnalare che in occasione della gara disputata in Italia al Mugello, (in condizioni fisiche disastrate), Giancarlo condussee a lungo la gara "bagnata", ed, arrivato ad avere ben un minuto di vantaggio su Doug Polen, è costretto al ritiro per rottura della pompa della benzina.
Concluderà il Campionato Mondiale SBK all' undicesimo posto.
Il pilota continuò a maturare nel tempo, lasciando sepolti i suoi primi giorni roventi e
selvaggi.
Nel 1992 Giancarlo continua ad essere pilota ufficiale del Team Ducati, in coppia non più con Raimond Roche ma con Doug Polen, vincitore del Campionato del Mondo SBK del 1991. In quell’anno guida la nuova 888, il team manager era Franco Uncini e l'arrivo di Polen portò l’utilizzo di gommatura Dunlop in sostituzione a quella marchiata Michelin.
In quell’anno vinse entrambe le manche dello stesso circuito di Zeltweg, teatro del brutto incidente del '90, e concluse il Campionato Mondiale SBK in quarta posizione, dopo aver vinto sette manche totali.
Epico, seppur poco ricordato, è il sorpasso effettuato a Stefhan Martens nel 1992 alla curva “Arrabbiata 2” del Mugello: “ Feci la Savelli a ruota, arrivai alla prima Arrabbiata molto stretto, costeggiai il cordolo, cambiai sinistra destra velocemente e sorpassai all'interno in leggera salita in accelerazione; fu un incredibile appoggio dell'anteriore Dunlop ”.
Lo speaker Giovanni Di Pillo, che ebbe la fortuna di vederlo nei monitor a circuito chiuso dell'autodromo, lo descrisse come incredibile.
Ad Assen (Olanda) ingaggia una battaglia con Doug Polen (Team Ducati-Police) e Carl Fogarty (Team Ducati dell’importatore ufficiale per l’Inghilterra), nonostante sia alla prima esperienza sul circuito corto. Le Ducati in quell’occasione avevano dei problemi tecnici dovuti ad una partita di fasce elastiche difettose che facevano
trasudare olio sulla gomma posteriore. Nella seconda manche da metà gara in poi Falappa e Fogarty tolsero il respiro al pubblico: Giancarlo partì dietro, rimontò e negli ultimi cinque giri superò l’avversario in staccata alla variante che immette al rettilineo d’arrivo: il marchigiano vinse tagliando il traguardo in impennata con l’inglese in scia.
Il 1993 fu anno ruggente per il Leone: con la 888 gommata Michelin e in coppia con “King” Carl Fogarty infilò una doppietta alla gara di apertura del Mondiale SBK sotto la pioggia a Brands Hatch, dimostrando la sua superiorità nel gestire l’asfalto bagnato e le staccate; in tale occasione, su una pista nuova per tutti tranne che per gli inglesi (Fogarty, Morrison, Hislop, ...) il Leone di Jesi riuscì a vincere con un minuto di distacco dal secondo classificato e doppiando perfino il settimo arrivato.
Il suo palmares si arricchì in quell’anno con una furiosa vittoria ad Hockenheim (Germania), una doppietta in casa a Misano ed altre vittorie (Zeltweg, Monza) che gli valsero, con Roche come team manager, un bottino di ben 8 vittorie complessive.
Purtroppo, per contrasti all'interno del Team francese relativi alla messa a punto della moto in pista, Falappa slittò dalla prima alla quinta posizione nella classifica mondiale.
Il 1994 sembrava la resa dei conti finale per Giancarlo: dopo i dissapori e le amarezze vissute col precedente Team al Leone viene fatta una proposta dalla Honda per correre nel mondiale SBK con il Team Castrol. Il cuore del marchigiano è però rosso Ducati e Falappa chiede di essere allontanato dal Team Roche: entra quindi a far parte, in coppia sempre con Fogarty, del Team Ducati-Ferrari.
Un compito molto importante viene dunque assegnato al mitico Leone, quello di iniziare l'avventura e cercare di contribuire allo sviluppo della fantastica arma totale di Borgo Panigale, che si rivelerà un mito indiscusso per il mondo intero: la Ducati 916.
Inizia il mondiale SBK a Donington Park, e Giancarlo, a causa di un problema tecnico, finisce quinto in entrambe le manches; stesso destino a Hockheneim, in cui si piazza quarto. Poi è la volta di Misano, il 26/05, che si rivelerà l'ultima gara disputata dal Leone: con uno spettacolare secondo posto in prima manche ed una vittoria in gara due, Giancarlo si porta al secondo posto in classifica mondiale, dietro a Scott Russell, mentre il suo compagno di Team, Carl Fogarty, è quarto.
Dopo Misano il Team si trasferì ad Albacete (Spagna) per dei test sul nuovo forcellone della 916, e fu allora che Giancarlo Falappa mise tutto da parte: nei test del cambio elettronico messo a punto dai tecnici appositamente per ovviare alle sue costrizioni fisiche (impossibilità di cambiar marcia in piega a causa del ginocchio), si verificò un improvviso cedimento meccanico a 140 km/h. Giancarlo venne sbalzato all'indietro, sopra alla moto ad oltre quattro metri di altezza, e ricadde con la testa.
Per settimane, da quell’ 11 giugno, notizie poco rassicuranti filtrarono dagli Stati Uniti all'Europa, indicando spesso che Falappa non avrebbe oltrepassato la notte. Nonostante gli stessi neurologi dottor Ramon Peyro e dottor Corbascio diffidavano nello sperare una ripresa di coscienza, all’ospedale di Imola il dottor Costa fece ascoltare a Giancarlo le cronache delle sue gare per tutta la durata della degenza, per risvegliare il suo istinto di pilota, lo stesso che lo faceva credere che " nessuno potrà battermi, nessuno mi passerà ".
Sotto tale terapia, la sua faccia prendeva forma, con le palpebre che vibravano: ciononostante, non ancora cosciente dopo un mese, le speranze di una ripresa stavano svanendo.
Il 19 Luglio del 1994, il celeberrimo commentatore della televisione italiana Giovanni Di Pillo, si fermò in visita presso il suo letto; era stato la voce di numerose imprese del pilota marchigiano e si mise a parlargli come se fosse la vigilia di una drammatica e importante partenza di una gara: " Giancarlo svegliati! Ti devi svegliare presto, Scott Russell si sta avvicinando sempre di più! È sul punto di sorpassarti, dagli il gas! Dagli il gas! ". Fu in quel momento, dopo trentotto giorni (“ mi sono svegliato dopo circa trenta giorni, non ricordo bene, ero in coma ”) dal terribile crash in Spagna, che
Giancarlo Falappa riprese conoscenza: il ricovero fu troppo lungo per ridonarlo alle corse, eppure il Leone lavora ancora come "uomo squadra" alla Ducati Corse.
Qualcuno ha detto: “ Quando sentite qualcosa su Falappa, anche se assurda è
rigorosamente vera ”.
Il 29/05/1997 Falappa compie un ultimo test a Rjeka con una 748 stradale: gira in 1’41”,6. Coadiuvato dalla clinica mobile che lo segue in questa avventura, non ottiene comunque un esito positivo: dopo un incidente che lo porta nuovamente in come per otto minuti, Giancarlo capisce che la sua carriera agonistica è ormai finita ed appende il casco al chiodo, spinto anche dall’impossibilità di salire in sella da solo e dal dover guidare con il ginocchio sinistro sulla pedana.
Nell’ottobre del 1999 inaugurò il nuovo Monster 900 in pista, percorrendo tutto il rettilineo in impennata
16 vittorie e 8 pole positions sono il record di risultati di Giancarlo Falappa in soli 4 anni di gare. Nella storia del mondiale Superbike, il Leone di Jesi rimane il miglior pilota italiano di sempre e il quinto assoluto nel mondo.
Il suo motto è: “ Il secondo è il primo dei perdenti ”.